A più di otto mesi dall’inizio della guerra a Gaza, ad oltre due anni dell’invasione russa in Ucraina le spese militari sono volate alle stelle. Il riarmo è globale. Chi sta facendo la parte del leone sono le industrie belliche d’oltreoceano, ma in gran parte anche quelle del Vecchio continente. Mentre le industrie nord americane sono da tempo scafate per le grandi commesse che vengono richieste dal Pentagono (Lockheed, Northop Grumann, ecc.) le industrie europee stanno facendo affari milionari sulla pelle dei popoli coinvolti nei conflitti in atto. La corsa al riarmo e all’ammodernamento del sistema bellico coinvolge tutti i Paesi europei, ma anche gran parte dei Paesi emergenti a livello globale. Nel 2024 il trend della spesa militare europea è lievitato moltissimo.
Nel 2023 i Paesi NATO hanno speso 1341 miliardi di dollari in armamenti, con un 5,2% in più rispetto al 2022 (da Tom Bailey di HANetf) e con un +19% rispetto al 2014. I Paesi della NATO hanno speso nel 2023 il 55% della spesa militare globale, e va notato che i soli Paesi europei aderenti al Patto Atlantico hanno speso il 28% del totale NATO. Si prevede per il 2024 che la spesa dei Paesi europei per gli armamenti si attesterà a un +30% rispetto all’anno precedente.
Come leader europeo dell’industria bellica si conferma l’italiana Leonardo SpA, leader nel campo elicotteristico, di sensoristica, e in quello cyber, che ha registrato nel 2024 un aumento del +54% da inizio anno.
La Leonardo al Salone Ebace 2024 ha siglato nuovi accordi per la distribuzione dell’elicottero AW09 nel mercato Vip-Corporate europeo e indiano. Léman Aviation distribuirà in Svizzera, Francia, Montecarlo e Riviera Francese, mentre Sloane coprirà Regno Unito e Irlanda. L’elicottero AW09 è stato sviluppato con la controllata Agusta, che era già al lavoro sul modello e quando Leonardo SpA l’ha acquisita ha applicato delle modifiche per arrivare al prototipo attuale. Sempre al Salone Ebace 2024 Leonardo ha annunciato importanti progressi nell’introduzione di tecnologie nel settore elicotteristico.
Da una denuncia della Fondazione finanza etica, del gruppo Banca etica si apprende che la Leonardo SpA, l’azienda partecipata attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza, ha “aumentato i profitti grazie alle guerre”, ma lascia “solo spiccioli allo Stato azionista” e “taglia i posti di lavoro”. Quindi la principale industria militare contribuisce in misura molto limitata all’economia nazionale, mentre moltiplica i profitti per gli azionisti privati (dalla relazione della Fondazione finanza etica).
La Leonardo SpA da sola controlla oltre il 70% della produzione e il 75% delle esportazioni italiane, la cui “componente produttiva militare” è passata negli ultimi 15 anni dal 56% all’83% della produzione totale, riducendo però i suoi occupati in Italia del 24%. Nell’assemblea degli azionisti, che si è tenuta lo scorso 24 maggio, si è venuto a sapere che sebbene il colosso industriale/bellico sia partecipato per il 30,2% dal Ministero del Tesoro, lo Stato italiano incasserà per l’anno 2023 appena 49 milioni di euro, nonostante nel 2023 si sia registrato un ricavo totale di 15,3 miliardi di euro.
Va aggiunto che il numero complessivo degli occupati di Leonardo SpA si è ridotto, nonostante la gran mole di commesse nel settore militare e la partecipazione alla produzione dei nuovi caccia F-35 (Rete italiana pace e disarmo).
Allarmanti sono le notizie che giungono sul coinvolgimento di Leonardo nella produzione di armi nucleari. La Leonardo SpA fa parte del programma francese per la produzione di un missile con testata nucleare (progetto protetto da segreto strategico).
Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete italiana pace e disarmo, ha constatato che “Leonardo non ha aumentato per nulla la trasparenza”, che “i dati sull’export militare sono esposti in maniera poco chiara” e ha lamentato la mancanza di “informazioni sulla suddivisione del fatturato e sugli occupati per singolo stabilimento”.
Ma non solo Leonardo SpA: l’Iveco Difesa cresce del +52%; l’Airbus è salita del 24% in un anno.
Anche nel resto d’Europa il business delle armi sta facendo volare alle stelle i profitti. La Indra spagnola è al +85% da giugno 2023. La svedese Saab, produttrice di armi, veicoli e blindati, ha superato il +70%; la tedesca Rheinmetall, produttrice dei carri armati Leopard 2, ha superato il + 75%; la francese Safran, protagonista della tecnologia per la Difesa, il +60%; Thales, altra azienda francese che produce missili, sistemistica per la Difesa e componentistica avanzata, sale del +35%.
L’industria per la produzione di armi è diventa l’asset chiave per la Borsa, basti pensare che la Leonardo SpA ha avuto un rialzo del 135% del valore delle sue azioni nell’ultimo anno.
Dati OCSE stimano che l’industria bellica globalmente nel 2022 abbia realizzato 2000 miliardi di euro di profitti, 310 miliardi di euro solo l’industria bellica europea.
Ma gli extraprofitti guadagnati dall’industria delle armi e della morte sfuggono al fisco e contribuiscono ad arricchire ulteriormente i signori che lucrano sulla guerra, senza una ricaduta positiva per i Paesi che ospitano gli opifici.
Si pone all’ordine del giorno il serrato controllo sulla produzione bellica nel nostro Paese con l’obiettivo della riconversione industriale in industria di pace e del benessere.
Renato Franzitta